Carri armati sparano sui civili in fila per gli aiuti a Gaza: almeno 70 morti a Khan Younis
Almeno 70 persone sono state uccise e oltre 220 ferite martedì a Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale, quando i carri armati israeliani hanno aperto il fuoco su una folla in cerca di aiuti umanitari. Lo riferiscono fonti mediche locali, in quello che risulta essere uno degli episodi più gravi degli ultimi mesi in termini di vittime civili.
Secondo quanto riportato da Reuters, i fatti sono avvenuti lungo la principale arteria orientale della città, dove migliaia di residenti si erano radunati per ottenere cibo dai camion degli aiuti. Un video condiviso sui social mostra numerosi corpi mutilati sparsi sulla strada. Le immagini, che hanno rapidamente fatto il giro del web, rafforzano la testimonianza di chi era presente.
Uno dei testimoni, Alaa, intervistato presso l’ospedale Nasser, ha raccontato: «All’improvviso ci hanno lasciati andare avanti e hanno fatto radunare tutti, e poi hanno cominciato a cadere proiettili, proiettili di carri armati». Nella struttura sanitaria, i feriti venivano curati su pavimenti e corridoi, a causa della carenza di spazio e risorse.
Il bilancio dei morti e feriti è il peggiore registrato in un singolo giorno dall’inizio della ripresa parziale degli aiuti a Gaza nel mese di maggio. Almeno 20 dei feriti versano in condizioni critiche.
In una dichiarazione ufficiale, l’esercito israeliano (IDF) ha confermato l’episodio: «Questa mattina è stato individuato un raduno nei pressi di un camion per la distribuzione di aiuti rimasto bloccato nella zona di Khan Younis e in prossimità delle truppe dell’IDF che operavano nella zona. Le IDF sono a conoscenza di segnalazioni riguardanti diversi feriti causati dal fuoco delle IDF in seguito all’avvicinarsi della folla. I dettagli dell’incidente sono in fase di revisione». Le IDF hanno aggiunto di «rammaricarsi per qualsiasi danno arrecato a persone non coinvolte» e di «lavorare per ridurre al minimo i danni ai civili».
Oltre all'incidente principale, medici locali riportano che altre 14 persone sono morte a seguito di sparatorie e attacchi aerei in diverse zone della Striscia, portando il bilancio totale della giornata ad almeno 73 morti.
Il Ministero della Salute di Gaza ha riferito che dal 31 maggio sono stati uccisi 397 palestinesi mentre cercavano di accedere agli aiuti umanitari. Più di 3.000 risultano feriti in tali circostanze. Le autorità locali denunciano che numerosi civili vengono colpiti nel tentativo di raggiungere i siti gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un nuovo organismo sostenuto da Israele e Stati Uniti, incaricato di gestire la distribuzione degli aiuti in aree sorvegliate militarmente.
Le Nazioni Unite hanno criticato duramente il sistema attuale, definendolo «inadeguato, pericoloso e in violazione delle regole di imparzialità umanitaria». Israele sostiene che la supervisione militare sia necessaria per evitare che Hamas intercetti gli aiuti, ma Hamas nega di sottrarre risorse alla popolazione.
In una nota di lunedì sera, la GHF ha comunicato di aver distribuito oltre tre milioni di pasti nei suoi quattro punti di distribuzione, senza incidenti registrati. Tuttavia, i numeri ufficiali delle vittime raccontano una realtà ben diversa.
Il conflitto in corso ha avuto inizio nell’ottobre 2023, dopo l’attacco di Hamas che, secondo le autorità israeliane, ha causato la morte di 1.200 persone e la presa in ostaggio di 251 cittadini israeliani. In risposta, l’offensiva di Israele ha provocato – secondo il Ministero della Salute di Gaza – quasi 55.000 morti palestinesi e lo sfollamento di gran parte dei 2,3 milioni di abitanti dell’enclave, causando una grave crisi umanitaria e alimentare.
Nel frattempo, l’attenzione si sposta anche sull’escalation tra Israele e Iran, storico alleato di Hamas. Dalla scorsa settimana, molti gazawi hanno seguito le notizie sugli attacchi missilistici iraniani su territori israeliani. Alcuni hanno espresso un sentimento misto di rivalsa e amarezza, osservando come anche gli israeliani abbiano provato per un momento «la stessa paura» che a Gaza si vive quotidianamente da 20 mesi.
Per una vera informazione, serve pensiero critico, non propaganda. Iscriviti alla newsletter 📩