Ce l'hanno fatta! Evviva!
Hanno spento il pensiero critico, acceso la guerra tra poveri e trasformato la democrazia in uno slogan da campagna elettorale
Eh sì, applausi scroscianti! Hanno vinto loro. Sono riusciti, con la pazienza di un monaco e l’astuzia di un illusionista, a farci litigare tra poveri, mentre loro si godono la scena da dietro le quinte, sorseggiando privilegi e vitalizi.
Destra e Sinistra? Quelle ormai esistono solo nei libri di storia o nei cori da stadio della politica. Oggi abbiamo due bande che fingono di litigare per farci credere che la scelta sia reale. In realtà, cambiano i colori, non le intenzioni.
Una fazione gonfia desideri minoritari fino a farli passare per diritti fondamentali, l’altra smantella diritti fondamentali etichettandoli come semplici capricci. Il tutto condito da un tripudio di slogan, facili da imparare, non c’è bisogno di pensare.
Il cittadino onesto, stanco di partecipare a questa farsa, ha mollato: non vota più. Così a decidere sono rimasti solo i tifosi più accaniti, quelli che metterebbero la croce anche sul nome di un frullatore, se a candidarlo fosse il loro partito. Ed ecco spiegato perché il parlamento si riempie di figure inutili: mascotte dei partiti, non rappresentanti del popolo.
E poi c’è il referendum. Vi ricordate? Quello strumento con cui noi cittadini possiamo dire la nostra, come, ad esempio, è successo per il divorzio. Beh, oggi è diventato un ordigno da disinnescare. Non raggiunge mai il quorum? Evviva! Tutti contenti!
Ma attenzione: nessuno vi dirà mai di astenervi alle elezioni politiche. Quelle servono a firmare le deleghe per i loro stipendi. Con il referendum decidiamo noi. E questo, ovviamente, è pericoloso.
La farsa arriva all’assurdo: la Sinistra fa leggi che penalizzano i lavoratori e poi indice un referendum per abrogarle. Geniale. La Destra? Fa finta di nulla, perché “è roba della Sinistra”. E i lavoratori? Possono sempre consolarsi con qualche hashtag patriottico.
Intanto, lo slogan del momento è: “La cittadinanza non si regala!”. Bene. Quindi quanto costa? Facciamo un listino? Magari con finanziamento a tasso zero? E soprattutto: a chi staremmo regalando cosa?
Ci hanno convinti che dietro ogni richiesta di cittadinanza ci sia qualcuno che sporca i marciapiedi, ruba o molesta.
Dimenticando — guarda un po’ — delle badanti che accudiscono i nostri anziani, degli infermieri, dei commessi che ci servono ogni giorno, degli operai e dei contadini che fanno lavori che potrebbero rendere le mani callose “ai nostri piccini”.
Gente che lavora, paga le tasse ed è incensurata, parla italiano e vive qui da anni. Ma a loro? Nulla. Non si “regala” niente.
Nel frattempo, lo Stato butta milioni in un sistema d’accoglienza clientelare, pieno di cooperative amiche, centri fantasma e progetti fasulli, dove si mantengono persone che non fanno nulla e aspettano un rimpatrio che non arriverà mai. Ma lì, nessuno slogan. Nessuna indignazione.
Hanno talmente mescolato le carte da farci confondere i flussi irregolari con i cittadini legittimi. Hanno tolto la voce a chi lavora e ha diritto, mentre manteniamo in silenzio chi sfrutta e si fa mantenere.
Nel frattempo, la politica ha smesso di proporre idee. Lancia parole chiave: “Prima gli italiani”, “L’Italia è antifascista”, “Dio, Patria e Famiglia”.
Contenuti? Nessuno. Così, se il referendum lo propone la Destra, la Sinistra va al mare. Se lo propone la Sinistra, la Destra organizza una grigliata. L’importante è non decidere mai sul merito. Meglio far decidere chi ci manda al mare, piuttosto che noi stessi.
Ce l’hanno fatta. E mentre ci sbraniamo tra poveri, loro si votano lo stipendio, brindando alla nostra stupidità. Prosit.