Iran, la Cnn rivela: «L’intelligence Usa sapeva che Teheran non voleva la bomba atomica»
Un’inchiesta pubblicata dalla CNN e rilanciata da Il Fatto Quotidiano mette in discussione la narrazione ufficiale che ha accompagnato il recente attacco israeliano contro gli impianti nucleari iraniani. Secondo la testata americana, fonti dell’intelligence statunitense erano consapevoli che il governo iraniano non stava lavorando attivamente alla costruzione di un’arma nucleare e che, stando alle valutazioni disponibili, sarebbero stati necessari almeno tre anni perché Teheran potesse arrivare alla produzione di una testata atomica.
Le fonti e il contesto
La CNN cita quattro fonti “ben informate” che confermano una valutazione nota anche all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), l’organismo incaricato di monitorare il programma nucleare iraniano. Questa posizione rafforza quanto già dichiarato pubblicamente dall’AIEA, che non aveva riscontrato segnali di un programma attivo finalizzato alla produzione della bomba.
Secondo le ricostruzioni, i servizi segreti statunitensi – principali alleati di Israele – erano stati informati con giorni di anticipo dell’attacco contro l’Iran. Tuttavia, erano anche al corrente del fatto che la Repubblica Islamica non rappresentava una minaccia imminente dal punto di vista nucleare, smontando quindi il principale argomento utilizzato da Israele e dai suoi sostenitori internazionali (tra cui G7 e Unione Europea) per giustificare l’azione militare: il diritto all’autodifesa.
Contraddizioni con la linea israeliana
Questa valutazione dell’intelligence Usa si scontra frontalmente con quella israeliana. Il premier Benjamin Netanyahu aveva infatti dichiarato che l’acquisizione di armamenti nucleari da parte dell’Iran fosse imminente, sottolineando la necessità di intervenire militarmente prima che fosse “troppo tardi”.
La divergenza tra queste due letture non è secondaria: se confermate, le informazioni in possesso dell’intelligence Usa potrebbero delegittimare la narrazione ufficiale utilizzata per giustificare l’attacco e alimentare i sospetti su un'operazione preventiva motivata da ragioni strategiche piuttosto che difensive.
I danni agli impianti iraniani
L’attacco israeliano ha colpito il sito di Natanz, uno dei principali impianti iraniani per l’arricchimento dell’uranio. Tuttavia, il sito di Fordow, costruito all’interno di una montagna a oltre 100 metri di profondità, è rimasto pressoché intatto. Secondo gli esperti, Fordow può essere danneggiato solo con bombe di profondità in possesso esclusivo degli Stati Uniti, il che fa pensare che l’intervento israeliano non sia stato sufficiente a compromettere le capacità nucleari del paese.
Le prospettive future
Gli analisti ritengono che l’Iran, se decidesse di cambiare strategia, potrebbe teoricamente costruire una bomba rudimentale nel giro di pochi mesi, ma sviluppare un sistema di lancio operativo richiederebbe molto più tempo. Paradossalmente, secondo le fonti citate dalla CNN, l’attacco potrebbe aver accelerato, anziché rallentato, la determinazione iraniana a militarizzare il proprio programma nucleare.
A oggi, sia l’AIEA che l’intelligence Usa sono al lavoro per valutare i reali danni provocati dall’attacco agli impianti iraniani, mentre il dibattito sulla legittimità e sulle conseguenze strategiche di questa azione resta aperto.
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