Mentre l’Ucraina cede il litio agli USA, l’UE resta con le spese militari
Il governo ucraino ha ufficialmente dato il via al processo di apertura del giacimento statale di litio Dobro, nella regione di Kirovohrad, a investitori privati. La decisione, presa il 16 giugno, è parte dell’accordo minerario siglato tra Ucraina e Stati Uniti lo scorso 30 aprile. A riferirlo è il New York Times, citando due funzionari del governo ucraino.
Il giacimento di Dobro è una delle maggiori riserve di litio del Paese, metallo strategico per la produzione di batterie elettriche e tecnologie verdi. L’avvio dei lavori riguarda la stesura di linee guida rivolte agli investitori che vorranno partecipare alla futura gara per lo sviluppo del sito. Un processo che, secondo le stesse fonti, potrebbe durare diverse settimane.
Tra i potenziali interessati spicca il nome di Ronald Lauder, imprenditore 81enne, presidente del Congresso Ebraico Mondiale e noto sostenitore di Donald Trump. Lauder, membro della famiglia fondatrice della compagnia cosmetica Estée Lauder, avrebbe già manifestato il proprio interesse lo scorso marzo – secondo quanto riportato dal Financial Times – in qualità di rappresentante di un consorzio di investitori che include anche TechMet, una società energetica americana sostenuta dal governo degli Stati Uniti.
Lo stesso gruppo avrebbe sollecitato, alla fine del 2023, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ad avviare ufficialmente il processo di gara per l’assegnazione del giacimento di Dobro.
Sebbene il governo ucraino abbia ancora la possibilità di non procedere con la gara, la decisione del 16 giugno indica un chiaro orientamento verso l'attuazione dell'accordo bilaterale con Washington. Secondo il New York Times, Kiev ha infatti annunciato la pubblicazione imminente di una gara d'appalto per il giacimento, da inquadrare nell’ambito di un contratto di condivisione della produzione. Questo tipo di accordo prevede benefici fiscali e la possibilità di risolvere eventuali dispute tramite arbitrato internazionale. La durata stimata è di circa dieci anni, e consente agli investitori di estrarre minerali in cambio di una quota della produzione condivisa con lo Stato ucraino.
Il trattato prevede inoltre che il 50% dei ricavi provenienti dall’estrazione venga versato in un fondo di investimento comune tra Stati Uniti e Ucraina. Tali fondi saranno poi reinvestiti nell’economia ucraina, mentre Washington manterrà il diritto alla sua parte di profitti.
In questo contesto, emergono interrogativi sempre più pressanti sulla natura e sulle conseguenze geopolitiche del conflitto russo-ucraino. Alla luce degli ultimi sviluppi, risulta evidente come gli Stati Uniti non abbiano agito da semplici spettatori: dal cambio di regime nel 2014 alla repressione delle comunità russofone nel Donbass, fino all’attuale coinvolgimento nell’estrazione di risorse strategiche, Washington ha progressivamente consolidato la propria influenza in Ucraina. Le materie prime ora cominciano ad affluire oltre oceano, mentre l’Unione Europea, che ha finora sostenuto economicamente e politicamente il governo di Zelensky, rischia di restare a mani vuote.
Con questa mossa, l’Ucraina consolida l’asse strategico con gli Stati Uniti nel settore delle risorse minerarie, puntando sul litio come leva per la ricostruzione economica. Ma l’ingresso di interessi privati americani, e in particolare di figure vicine a Donald Trump, solleva nuove domande sul reale equilibrio della partnership e sull’autonomia decisionale del governo di Kiev.
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