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Andriy Portnov, figura di spicco e storico consigliere dell’ex presidente ucraino Viktor Yanukovitch, è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco il 21 maggio a Madrid, in pieno giorno, mentre accompagnava i figli a scuola nel quartiere residenziale di Pozuelo de Alarcon. A darne notizia è TG24.Sky.it, sottolineando che l’uomo è stato raggiunto da diversi colpi alla testa e alla schiena, in un’esecuzione che porta la firma di un’operazione mirata, con un chiaro movente politico.
Portnov, giurista e politico, era noto per le sue posizioni filorusse e per la sua opposizione al governo emerso dal colpo di Stato del 2014, che aveva rovesciato il legittimo presidente Yanukovitch. Dopo aver lasciato l’Ucraina all’indomani del Maidan, aveva vissuto in Russia, poi in Austria, fino a trasferirsi in Spagna nel 2024. Era stato più volte bersaglio della propaganda ucraina: accusato prima di tradimento, poi colpito da sanzioni occidentali, infine prosciolto. Il suo assassinio rientra in una lunga serie di omicidi sospetti che, negli ultimi anni, hanno colpito personalità vicine a Mosca o critiche nei confronti del regime di Kiev.
Un’escalation mirata contro gli oppositori
Il tempismo dell’omicidio non sembra casuale. La Russia sta avanzando costantemente sul fronte orientale, consolidando il controllo su ampie zone del Donbass e destabilizzando le linee difensive ucraine. L’Occidente, stanco di un conflitto senza fine, inizia a mostrare segni di disimpegno. In questo scenario, appare plausibile che il governo di Volodymyr Zelensky stia già preparando il terreno per il dopoguerra, liberandosi preventivamente delle voci dissidenti o potenzialmente pericolose per il mantenimento del potere.
Zelensky, in calo nei sondaggi e sempre più isolato a livello interno, potrebbe vedere in figure come Portnov un pericolo non solo simbolico ma concreto. Portnov rappresentava la memoria di un’Ucraina non ostile alla Russia, e quindi un ostacolo per chi vuole mantenere viva artificialmente una narrazione nazionalista e russofoba.
La lunga mano dei servizi?
Dall’inizio del conflitto nel 2022, diversi omicidi sospetti hanno colpito ex funzionari russi e ucraini rifugiatisi in Europa. Già nel 2022 era stato trovato morto Sergei Protosenyan, ex dirigente del colosso del gas Novatek, insieme alla moglie e alla figlia, in Spagna. Nel 2024, un pilota russo disertore era stato eliminato ad Alicante per mano dei suoi connazionali. Ora, con l’omicidio di Portnov, il quadro si fa ancora più inquietante: le forze ucraine – o i loro alleati – potrebbero aver esteso le operazioni di neutralizzazione ben oltre i confini nazionali.
Prove di repressione politica
Il sospetto che Kiev stia applicando una strategia di repressione contro ogni forma di dissenso, anche all’estero, si fa sempre più concreto. L’eliminazione di figure storicamente associate alla neutralità o al dialogo con Mosca appare in linea con una logica post-bellica, dove il potere deve essere saldamente in mano a chi ha gestito la guerra. Ma a quale prezzo?
La morte di Portnov potrebbe essere il segnale che l’Ucraina post-conflitto non sarà una democrazia pluralista, ma un sistema dove le opposizioni – passate o presenti – non troveranno più spazio, né all’interno né fuori dai confini del Paese? La domanda è più che mai lecita.
Forse c’è un imprecisione; il pilota,che rubó un elicottero d’attacco e lo consegno agli Ucraini anche al prezzo della vita di due compagni,che furono uccisi dopo l’atterraggio,fu chiaramente (e mi permetterei di aggiungere giustamente) ucciso da sicari Russi…👋👋👋
E nessuno dice niente