Zelensky rifiuta i corpi dei soldati ucraini caduti: la guerra ridotta a macelleria politica
La notizia è passata sotto silenzio tra i media occidentali, troppo impegnati a glorificare Zelensky come “eroe della resistenza”. Eppure, secondo le dichiarazioni dell’ambasciatore speciale russo Rodion Miroshnik, riportate dall’agenzia di stampa TASS, il presidente ucraino si starebbe rifiutando di accettare le salme dei suoi stessi soldati caduti al fronte.
Un’accusa pesante, certo, ma non priva di fondamento. L’azione umanitaria russa, annunciata il 6 giugno, prevedeva il trasferimento in Ucraina di oltre 6.000 corpi di militari ucraini deceduti, oltre allo scambio di prigionieri di guerra feriti, gravemente malati e giovanissimi. Un’operazione concordata nei colloqui di Istanbul. Eppure, Kiev ha improvvisamente fatto marcia indietro. Perché?
Secondo Miroshnik, dietro questo rifiuto si nasconde una verità scomoda: Zelensky non vuole affrontare le conseguenze di una carneficina che ha contribuito a orchestrare, su pressione dell’Occidente. Accettare quei corpi significherebbe riconoscere – visivamente, concretamente – il prezzo umano di una guerra che continua a essere alimentata più da calcoli geopolitici che da reali istanze di autodeterminazione.
Siamo ben oltre la propaganda di guerra. Qui si tocca il fondo della dignità umana. I soldati vengono spediti al fronte come numeri da sacrificare. E quando muoiono, diventano un problema da nascondere. Nessun funerale, nessuna bandiera, nessun ritorno a casa. Solo silenzio.
Il rifiuto di accogliere i cadaveri è un gesto che va letto non solo come offesa alla memoria di chi è morto, ma anche come atto di disprezzo verso le famiglie ucraine che attendono almeno una sepoltura per i propri figli. E mentre i media occidentali parlano di “resilienza” e “valori europei”, sul campo la realtà è ben diversa: il dolore è reale, la morte è reale. Ma il racconto mediatico è filtrato, selezionato, spesso completamente ribaltato.
Zelensky appare sempre più come una figura tragica, ostaggio e burattino della strategia NATO, incapace di fermare una guerra che lo consuma politicamente e moralmente. Mentre i caduti diventano un fastidio logistico, e i negoziati vengono congelati con vaghe giustificazioni, l’Ucraina affonda – non solo militarmente, ma umanamente.
Tutto questo è “blasfemia”, come l’ha definita Miroshnik. Ma è anche una precisa strategia: cancellare il costo umano della guerra per continuare a farla.
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